Vi è mai capitato di chiedervi quale fosse la differenza tra integrazione e inclusione? Due termini estremamente importanti che spesso, quando si parla di temi sociali, tendono a sovrapporsi. In realtà significano due cose diverse, e conoscerle a fondo vi aiuterà a capire se le strategie attuate nella vita privata, sul lavoro, a scuola e nelle relazioni sociali sono corrette e davvero orientate a un mondo con minori barriere. In questo articolo vi spiegheremo le principali differenze e vi faremo alcuni esempi per metterle in pratica.
Che differenza c’è tra integrazione e inclusione
Partiamo da una definizione di entrambi i termini.
- L’integrazione è la pratica di far partecipare un individuo a un gruppo o a una società già esistente.
- L’inclusione è invece la creazione di un ambiente nuovo, che accoglie e valorizza tutte le differenze.
Da queste definizioni vi appare subito chiaro come entrambe le strategie siano necessarie, in periodi e contesti diversi, per il mondo migliore che tutti noi desideriamo creare.
Un esempio concreto, che vi può far capire meglio la differenza tra integrazione e inclusione, è quello della scuola. I progetti di integrazione puntano a far partecipare gli alunni con una qualche barriera (linguistica, fisica, cognitiva ecc.) alle normali attività della classe. Si tratta di una fase importantissima quando un nuovo alunno o una nuova alunna si inseriscono in un gruppo classe già formato, e gli insegnanti hanno poco tempo e poche risorse per evitare che rimangano isolati. Sul lungo termine, però, la scuola deve puntare all’inclusione. Questo significa ristrutturare completamente programmi, attività e classi in modo tale che tutti gli alunni siano valorizzati con le rispettive caratteristiche uniche.
Perché usare questi due termini in modo indifferenziato è un problema?
Il problema di non riconoscere che differenza c’è tra integrazione e inclusione ha portato per molti anni a una società che non ha saputo andare oltre il tema della “socializzazione”. Nelle scuole come in qualsiasi altro ambiente, il nostro obiettivo non deve essere solo permettere alle persone di dialogare e creare gruppo. Questo sarebbe già un buon passo, ma non è affatto sufficiente.
Quello che vogliamo, attraverso specifiche strategie nella scuola e non solo che puntino all’inclusione, è permettere a ogni individuo di sentirsi valorizzato, di riconoscere il suo ruolo. Quindi non solo essere dentro al gruppo, ma anche e soprattutto avere un ruolo e un valore nel gruppo, sentirsi amato e apprezzato da tutti gli altri membri e dare il proprio contributo unico.
Le strategie possibili in altri ambiti
L’esempio della scuola è solo uno dei tanti che mostrano in modo immediato la differenza tra integrazione e inclusione, concetti che rientrano anche nell’ambito lavorativo, in quello sociale, nella creazione di percorsi di sostegno ai cittadini e alle cittadine e perfino nella scelta della comunicazione. Per esempio, molte istituzioni interessate all’inclusione stanno passando dal parlare al maschile sovraesteso all’usare forme di linguaggio inclusivo in circolari, leggi, bandi, decreti ecc.
Lo stesso vale per gli ambienti di lavoro. Se siete imprenditori o imprenditrici potete prima di tutto integrare un dipendente nel gruppo di lavoro in modo positivo, per far sì che non si senta escluso a causa di una delle sue caratteristiche fisiche, cognitive, di genere, di orientamento sessuale, politico o religioso ecc. L’obiettivo anche nelle aziende però è quello di creare un ambiente che a priori coinvolga e includa tutti. Esempi semplici e concreti sono l’eliminazione delle differenze tra uomini e donne nella scelta di candidati da assumere o a cui dare una promozione; l’osservanza di diverse festività che non siano solamente quelle cattoliche; l’introduzione di bagni genderless; la scelta di pasti vegetariani, vegani e adatti a tutte le intolleranze per quanto riguarda la mensa.
La differenza tra integrazione e inclusione sociale riguarda tutti
Siamo abituati a pensare alle discriminazioni solo in alcuni campi: quella di genere, quella che riguarda il colore della pelle, quella che si rivolge alle disabilità. Ma le discriminazioni ancora oggi presenti in gran parte delle nostre società sono molto più numerose. Ci sono quelle che riguardano l’ageismo (discriminazione per età); l’abilismo (discriminazione per patologie, anche invisibili o mentali); l’omofobia e la bifobia che riguardano l’orientamento sessuale; il binarismo di genere che rinnega le persone trans o non binarie; le discriminazioni legate all’orientamento religioso o all’appartenenza etnica. Insomma, c’è spazio per migliorare il nostro mondo in tantissimi modi. Il primo e più semplice cambiamento che possiamo mettere tutti in atto è quello della sfera sociale.
La differenza tra integrazione e inclusione sociale, per parafrasare una celebre frase, è quella che c’è tra essere ammessi a un ballo ed essere invitati a ballare. Tutti noi vogliamo non solo entrare nella sala da ballo, ma anche scatenarci e divertirci, sentirci pienamente liberi e apprezzati per quello che siamo. Quindi è proprio nella sfera sociale, quella degli affetti e delle comunità di quartiere, tra i gruppi scolastici e quelli sportivi, nelle associazioni di lavoratori e quelle di volontari, che possiamo mettere in pratica sia l’integrazione che l’inclusione. Qualunque sia la situazione in cui ci troviamo attualmente, questi temi ci riguardano personalmente: prima o poi tutti ci troviamo a guardare gli altri che ballano e sentirci esclusi, per un motivo o per un altro. Rendiamo la nostra sfera sociale migliore prendendoci la responsabilità di essere i primi a invitare qualcuno a ballare.
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